Possiamo invertire la rotta?

Come ci ricorda l’UNESCO, l’equilibrio fragile della vita marina, sia animale che vegetale, è scosso dalla concentrazione sempre più elevata di plastiche di ogni genere e anche la catena alimentare sta subendo gravi danni, forse irreparabili.

Ogni anno, milioni di tonnellate di rifiuti finiscono nell’oceano, contribuendo a creare grandi problemi sia da un punto di vista ambientale che economico e anche sanitario.

Tra tutti i rifiuti, quelli più abbondanti ma anche quelli che creano più problemi sono quelli di plastica dal momento che, dissolvendosi in mare, producono delle dannose microplastiche (frammenti più piccoli di 5 mm, spesso non visibili nemmeno a occhio nudo) che si vanno a inserire nella catena alimentare.

C’è talmente tanta plastica nel mondo, nelle nostre acque e nella nostra terra che la nostra era potrebbe passare tristemente alla storia come “era della plastica”. Questa enorme produzione avrà certamente le sue conseguenze perché la plastica è il prodotto sintetico a più lunga conservazione e si decompone completamente solo in centinaia di anni.

Purtroppo, in questi anni solo il 20% delle plastiche prodotte è stato riciclato o incenerito e questo è un numero troppo basso per la quantità di plastica prodotta e consumata a livello mondiale.

Conoscerlo per invertire la rotta

La consapevolezza che si è sviluppata negli ultimi anni sui danni causati dalla plastica all’ambiente e di conseguenza all’uomo ha permesso a tutti di riflettere sull’uso che ne facciamo giornalmente. La plastica, se non viene riciclata nel modo corretto, finisce nell’ambiente causando danni incommensurabili e alterando gli ecosistemi.

Ma non solo, gran parte delle microplastiche deriva anche dal lavaggio di fibre sintetiche che, messe in lavatrice, producono molte microfibre che essendo molto piccole non vengono nemmeno trattenute dai depuratori.

Molte microplastiche derivano anche dagli pneumatici che consumandosi si disperdono nell’ambiente. Per questo, negli ultimi anni gli Stati di tutto il mondo si sono impegnati per stabilire delle linee guida da rispettare per provare ad arginare un po’ il problema a livello di produzione, come ad esempio, fermare la produzione di posate e piatti monouso, cercando anche di osservare delle scadenze per gli anni a venire e produrre quanto più possibile in materiali biodegradabili o riciclati.

Essere protagonisti del cambiamento

Per migliorare la situazione è necessario che ognuno di noi faccia qualcosa nel suo piccolo, e ciò che possiamo impegnarci a fare è consumare meno plastica possibile e fare attenzione quando si fanno degli acquisti. In che modo? Applicando il principio delle 4 R:

  1. Riduci, scegli prodotti con meno imballaggi.
  2. Riusa, riutilizza finché puoi gli oggetti prima di buttarli.
  3. Ricicla, seleziona i rifiuti facendo correttamente la raccolta differenziata.
  4. Recupera, inventa nuovi utilizzi per gli oggetti che andrebbero buttati, dai una seconda vita alle cose.

È importante sapere che una delle fonti primarie di produzione di plastica è costituita dalle bottiglie d’acqua. Infatti, negli ultimi quarant’anni il consumo di acqua in bottiglia è aumentato in maniera esponenziale, soprattutto in Italia che si colloca al primo posto come Paese europeo con il più alto consumo di acqua imbottigliata.

Basta pensare a quante bottiglie d’acqua di plastica ogni cittadino consuma in una settimana e in un anno! Il consumo medio di plastica di una singola persona è davvero alto. Per questo, se vogliamo ovviare al problema risparmiando e contribuendo a salvaguardare la salute del pianeta potremmo installare in casa un impianto a rete idrica o un impianto a osmosi inversa. In questo modo avremo sempre l’acqua potabile pronta per essere bevuta eliminando il problema delle bottiglie in plastica. Una scelta importante per sé stessi e per l’ambiente.

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